Andrà ad ovest

Robin Robertson, Andrà ad ovest

Robin Robertson

Robin Robertson

Andrà ad ovest
e ancora ad ovest,
salpando per conto proprio
sul mare aperto.
Cucendo la superficie,
un quarto uomo,
tre quarti verbo,
adattando la sua turbolenza
al verso delle onde.

Chi andrà ad ovest e ancora ad ovest?
Hanno già incominciato, da molto, e alcuni di loro sono già apparsi su queste pagine delle “coincidenze”.
È già andato Whitman, un poeta. Anche Aurobindo, dall’India in Inghilterra, ed è poi ritornato nella sua patria con l’intento di realizzare l’unità delle due culture.
Perciò ad ovest vanno i poeti, e c’è l’autore della poesia fra loro, io credo, perché certamente parla anche di sé.
Ma è già andato anche Gilgamesh che ha seguito la via del sole e voleva rivedere l’amico morto prematuramente. Ed Ulisse, che ha volto la poppa della sua nave “nel mattino”, e la prua perciò a sera, sempre più a sera, per seguire virtude e conoscenza.
Perciò ad ovest vanno anche gli eroi.
Poi è già andato Colombo, che è partito dalle coste portoghesi dell’Atlantico, diretto verso Occidente, per arrivare a “buscar” l’Oriente seguendo anche lui la rotonda via della terra e del sole.
Perciò ad ovest vanno anche i navigatori.
E i sapienti e i filosofi?

Di Lao–tzu ho già detto: dopo aver scritto il Tao ha preso la via dell’Occidente e non ha più fatto ritorno. E Parmenide ha iniziato il suo viaggio dalla “casa della Notte”, superando la “porta che divide le vie della Notte e del Giorno” e seguendo l’astro nascente, l’Essere, lucente anch’esso come il sole.  E se si guarda bene, contemporaneamente con gli occhi di carne e con quelli della mente, si vedono l’uno e l’altro e la loro coincidenza.
In quanto ai filosofi, si sa che hanno cominciato la loro opera nell’Aurora di questa nostra civiltà, vale a dire più di ventiquattro secoli fa, e che da più di cent’anni parlano di Tramonto cui è seguita la Tenebra, il nichilismo diventato condizione normale.
Ad ovest, dunque, anche i sapienti e i filosofi.

E ci va l’Occidente tutto intero, vale a dire la civiltà dove ancora ci troviamo. Da millenni esso segue questo cammino senza averne coscienza, ma infaticabilmente. Partito dalla Grecia antica ora si trova in America, vale a dire sempre più ad ovest, ma anche sempre più verso l’Alba che potrebbe sorgere improvvisa dalla Notte quando Occidente e Oriente coincideranno. E la Luce ritornerà solo da quel momento. Perciò anche per tutti noi occidentali il gran viaggio è in corso, tant’è vero che ora ci troviamo nella parte tenebrosa del viaggio, dopo che è passato il Giorno.
Ma non alla folla, che l’Occidente come una nave porta in sé, il poeta si riferisce, ma a colui che va da solo “sul mare aperto”. Non imbarcato cioè, ma “salpando per conto proprio”.
Sono già andati cosi – l’abbiamo appena visto – il poeta, l’eroe, il navigatore, il sapiente, il filosofo. Ma Robertson il suo non lo chiama con nessuno di questi nomi, ma afferma che è “un quarto uomo,/ tre quarti verbo”. Uno nuovo perciò, non classificabile sotto uno dei titoli in uso? Sembra proprio di sì.
Non ha nomi noti , ma sappiamo che il “verbo” in lui è sovrabbondante rispetto all’uomo. E il Verbo, ha detto Giovanni nel suo Vangelo, “era presso Dio”, e Dio era il Verbo”. Un semidio, dunque, colui che “andrà ad ovest/ e ancora ad ovest”.
A guardar bene, c’è già in queste pagine di coincidenze che sto scrivendo qualcosa di simile: è l’arcangelo in potenza nell’uomo d’Aurobindo, che batte alla porta perché si apra. Per uscire da essa non più uomo ma, appunto, più che angelo.
E il semidio di Robertson, che cosa lo distingue dall’umano? Per quel cucire la superficie del mare, io affermo ora.
Un lavoro che ha per me lo stesso senso del “ponte sull’abisso”, quello che sono riuscito a gettare fra le due sponde, quella della morte e l’altra della vita e viceversa, dopo che sono uscito dalla comune rappresentazione che chiamiamo mondo, universo, cosmo. Quello che ho anche chiamato labirinto (Vedi L’antica via dei Miti e dei Misteri, pagg. 7-8) quando si è trattato di trovare la via di fuga. Quel collegamento delle onde fra di loro con una cucitura, è simile alla corda che ho lasciato andare alle mie spalle quando ho attraversato la prima volta l’abisso, la prima esile traccia del ponte sospeso, il primo segno concreto di un passaggio nuovo per qualcuno e qualcosa che sta nascendo o che da poco è nata.
Ma ciò che distingue il semidio di Robertson anche dal poeta, dall’eroe, dal navigatore, dal filosofo, forse anche dal sapiente, è detto negli ultimi due versi. Egli procede “adattando la sua turbolenza/ al verso delle onde”.
C’è un accordo col Destino in queste parole, perché il gioco delle onde è immutabile ed eterno: è dettato. E il semidio, allora, nel suo andare non rema contro corrente. Anche a me è accaduto qualcosa di simile. Quando ho cominciato la mia avventura, uno dei primi segnali che ho visto e seguito suonava così: “Il Destino è il Dio che lascia e che dispone/ e se qualcuno di noi ora propone/ deve collaborare con il Destino”. D’altra parte, come il verso delle onde non era già segnato anche il mio cammino! L’ho detto in modo chiaro e distinto nella presentazione di queste coincidenze: non si tratta di una strada che non esisteva e su cui non si è mai stati prima, ma c’è anzi un via vai continuo per essa. È il cammino infaticabilmente percorso e ripetuto da ogni vivente, che viene al mondo, ci cammina per un po’ e poi sparisce: la fatica di Sisifo del vivere. La novità sta nel modo in cui ora si può procedere: ad occhi aperti e non chiusi, a mente funzionante e non spenta. Come ho detto, insomma, in quell’occasione.

Similmente il semidio di Robertson non si oppone alle onde, non le contrasta, ma anzi le asseconda, collabora. Perché certamente, come ha scritto Sofocle all’inizio della civiltà dove ancora ci troviamo, l’uomo è un inquietante (“Di molte specie è l’inquietante, nulla tuttavia/ di più inquietante dell’uomo s’aderge./ Questi balza dal flutto schiumante/ per il vento del sud invernale/ e incrocia sulle creste/ delle onde furiosamente spalancantisi./ Anche la più sublime delle divinità, la terra,/ l’indistruttibile infaticabile, egli l’estenua,/ rivoltandola d’anno in anno,/ passandovi e ripassandovi con i cavalli/ gli aratri./ Anche il leggero volitante stormo d’uccelli/ egli irretisce e caccia, / e la frotta d’animali di località selvagge/ e ciò che si muove e risiede nel mare,/ l’uomo sagace./ Con astuzie sopraffà l’animale/ che sui monti pernotta ed erra,/ e al cavallo dalla ruvida criniera/ e all’indomito toro/ circondando il collo col legno/ impone il giogo./ Anche nel risuonare della parola/ e nel tutto comprendere leggero come il vento/ si ritrova, ed altresì nell’animo/ di dominar città./ E anche come sfuggire, ha pensato,/ l’esposizione ai dardi/ delle intemperie e degli spiacevoli geli./ Dappertutto aggirandoli, tutto esperendo per via, senza scampo, inesperto/ perviene al nulla./ Dall’incombere solo, della morte/ con nessuna fuga può giammai difendersi, / pur se ad un male tenace gli sia riuscito/ abilmente di sfuggire”, dal coro dell’Antigone di Sofocle, v. 322,366).
Lo era allora e non ha cambiato, come ho trovato scritto anch’io su un segnale della via che ho percorso, quasi a farmelo ricordare: “Tutte le cose sono carte di un gran gioco/ che ha anche l’imprevedibile: la Matta,/ e da poco è entrata anch’essa in giro./ È l’uomo l’imprevedibile, l’ente vagante ed inquietante,/ la carta scombinata che si allaccia a tutte quante./ Ma ora appare che la vita l’ha giocata”. Ma oggi, più di allora, le parti si sono avvicinate e accordate, perché è aumentata la somiglianza con il divino.

N.B.
Sto cucendo le poesie nel nuovo gran disegno della vita, come si fa con i gioielli sulla veste regale. O anche l’unico gran disegno sta attirando a sé e unendo fra loro le perle della letteratura mondiale, prima dispersi e sparsi. Così quel manto incastonato apparirà e splenderà, io dico ora, e molti andranno verso quella luce.
Nulla sarà più come prima quando le coincidenze cominceranno ad apparire e a diventare patrimonio comune.

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Una Risposta to “Andrà ad ovest”

  1. Dante, Inferno, Ulisse « La via d’uscita dal nichilismo Says:

    […] così. O almeno così appaiono anche in alcune poesie fin qui prese in esame: i viaggi di Whitman e Robertson sembrano, infatti, solo terreni. Non è di poco conto questo dire: che immanenza e trascendenza […]

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