Oggi, prima dell’alba…

Walt Whitman, Oggi, prima dell’alba…

Walt Whitman

Walt Whitman

Oggi, prima dell’alba, sono salito su un colle
e ho guardato il cielo affollato,
e ho detto al mio spirito:
‘Quando avremo abbracciato tutti questi mondi
e goduto e saputo ogni cosa di essi,
saremo sazi e soddisfatti, dopo?’
E il mio spirito disse:
‘Arriveremo a quel limite per superarlo
e proseguire oltre.’
[…]

Questa poesia l’ho letta sulla quarta di copertina del libro di Grazia Sacchi intitolato Per te per sempre e mi ha subito colto il desiderio di tradurla.
Eppure un altro Whitman, dopo Dai lidi della California, non era in previsione, a così breve data almeno.
Perché allora? Perché è una naturale continuazione della prima o, almeno, così essa m’è apparsa al primo sguardo.
Perché anche a me, dopo l’arrivo alla Porta e aver messo i piedi sulla soglia, prima di proseguire oltre, è capitato proprio così: volgendomi a vedere, ciò che lasciavo era uguale alla visione del poeta, era l’universo tutto in una volta. Whitman vede il cielo affollato e lo coglie tutto in un abbraccio; io tutte le stelle alle mie spalle, “immerse in una sfera di pensiero”. Probabilmente – ora mi sembra – nella luce che usciva dal battente ormai aperto sulle due dimensioni.

Così si è presentata tutta la scena: “Se ti accade di accostarti a quella porta/ e di affacciarti, vedi gran luce/ e le stelle e le galassie stanno alle tue spalle/ immerse in una sfera di pensiero”. Oppure così, ed è la stessa: “T’affacci sul divino della luce quando incontri la Porta/ e da lì ti accorgi che le stelle e le galassie/ sono scintille di essa sparpagliate/ dentro l’interno che si lascia”.
Qui, allora, la parola della poesia e quella della filosofia sono la “stessa cosa”, ecco la sorpresa!
Le due si sostengono a vicenda, e si danno origine fra loro, ecco la novità!
E ciò che risulta dalla coincidenza è un linguaggio nuovo, necessario all’impresa che stava incominciando.

A guardar bene, anzi, non è neppure una novità. L’ha previsto Heidegger, per esempio, quando egli è giunto sulla linea di mezzanotte che corrisponde al confine di questo mondo di cose e di pensiero, e perciò anche di fronte all’abisso che comincia subito dopo. Egli ha affermato che in quel punto il linguaggio, in uso di qua, non era più adatto. A cosa? Ad andare avanti, vale a dire ad attraversare quel baratro e mettere piede sull’altra sponda dove c’è la porta. Ecco a cosa non bastava più la “parola” usata in questo mondo, anche quella della filosofia (Heidegger, per primo, giunto sulla linea, ha pensato che il nostro dire venga meno al momento del suo superamento e che sia perciò necessario un altro linguaggio. Così egli si è espresso. “È sufficiente che questo linguaggio sia universalmente comprensibile, o vigono qui altre leggi e altre misure, così uniche nel loro genere quanto l’istante della storia del mondo che segna il compimento planetario del nichilismo e l’esplicazione della sua essenza?” [Ernst Jünger-Martim Heidegger, Oltre la linea, Adelphi, pag. 144]. Poi, nella stessa occasione: “In che linguaggio parla lo schema fondamentale del pensiero che prefigura un attraversamento della linea? Il linguaggio della metafisica della volontà di potenza, della forma e del valore deve essere salvato di là della linea critica? E in che modo, se proprio il linguaggio della metafisica e la metafisica stessa, sia essa del Dio vivente o del dio morto, hanno costituito in quanto metafisica il limite che impedisce il passaggio oltre la linea, cioè l’oltrepassamento del nichilismo?” (Ernst Jünger-Martin Heidegger, Oltre la linea, Adelphi, pag. 138). Domande che sono rimaste senza risposta in quel tempo, ma che aleggiavano da qualche parte dal momento che qualche decennio dopo la linea è stata superata. Ed ora, ecco che si è presentata l’occasione di sapere in cosa consiste il nuovo linguaggio: è la coincidenza di poesia e filosofia).
La stessa cosa d’altronde che capita ai mistici quando arrivano al punto α  e ω, – e le cose che sentono e gustano non si possono esprimere con parole né pensieri; o ai grandi poeti, com’è capitato a Dante in Paradiso al cospetto di Dio.

In seguito però la linea è stata superata, e chi è andato oltre non si è posto il problema del linguaggio. Piuttosto un altro linguaggio è venuto da sé quando l’impresa è incominciata. È cominciata perché un nuovo linguaggio era a disposizione, o era a disposizione perché è iniziata? Le due cose stanno assieme mi sembra, c’era coincidenza. Ciò corrisponde a quel che è sempre accaduto in questi momenti: che sono la stessa cosa il pensare e l’esistere (“Infatti identico è il pensare e l’esistere”, Parmenide, testimonianze e frammenti, Frammento 3, a cura di Mario Untersteiner, La Nuova Italia Editrice, Firenze.).

Ora però a cose fatte si potrebbe essere colti dalla curiosità di andare un po’ a fondo, quel che sta accadendo con queste coincidenze su queste pagine; e l’occasione l’ha offerta la poesia in esame di Whitman e la coincidenza fra essa e il pensiero filosofico che mi ha accompagnato nel passaggio della linea e durante la traversata dell’abisso, che è balzata subito agli occhi quando l’ho vista.
Perciò la domanda suona così: qual è, cos’è il nuovo linguaggio? La risposta: è poesia consapevole. Ciò potrebbe significare che la sua origine non è più oscura com’è stata fino ad oggi, con nomi noti e usati ma ognuno isolato e chiuso nella sua impenetrabilità: sentimento, intuizione, amore. Ora ha anche un aspetto, vale a dire qualcosa s’intravede in quel che era senza porte e finestre.
Il linguaggio di oltre la linea dovrebbe essere allora quello che ho segnato su queste pagine e sta scorrendo ancora. Queste “coincidenze”, perciò, specialmente questa qui che sto scrivendo. Cerco di entrare un po’ di più nel cuore del problema.

Nella poesia in esame ci sono due attori: il poeta in carne ed ossa e il suo invisibile spirito. Il primo sale su un colle all’alba e da lì guarda il cielo, lo vede “affollato” di stelle e chiede al secondo: ‘Quando avremo abbracciato tutti questi mondi/ e goduto e saputo ogni cosa di essi,/ saremo sazi e soddisfatti, dopo?’ E il suo spirito risponde:
‘Arriveremo a quel limite per superarlo/ e proseguire oltre.’ […]
Ora non c’è nessuno, sano di mente come qui si dice, che crede davvero che il poeta possa abbracciare l’universo fisico che, secondo la stima degli scienziati, ha un diametro di tredici miliardi d’anni luce. Motivo per cui si proclama: si tratta di una licenza poetica. Da cui il giudizio tanto caro ai più: il poeta è un visionario che galoppa con la fantasia, uno che scambia le lucciole per lanterne.
E se invece fosse “vero” quel che dice? Vero che tutti questi mondi si possono abbracciare? Del resto, non stanno già tutti quanti nello sguardo!

A questo punto giunge a sostegno la filosofia che conferma: si può. Si può coglierli tutti in volta con il pensiero e la figura che così risulta diventa superabile e si può lasciarla alle spalle. Quel che è capitato a me d’altronde prima dell’attraversamento della linea di mezzanotte e ho chiamato quest’avvenimento uscita dal labirinto, e il labirinto era il mondo (si veda anche L’antica via dei miti e dei misteri, percorsa ora con in mano la lampada della conoscenza filosofica).
Perciò il pensiero poetico filosofico di quel momento propizio: le stelle e le galassie stanno indietro, immerse in una sfera di pensiero.
Ecco un’altra indicazione di quell’evento che m’è toccato quando ho raggiunto il confine del mondo e prima di affrontare l’abisso. “Superando la linea/ quest’intero raccolto, cioè il mondo,/ ti appare tutto incluso/ nella sfera che si lascia”.
Parole che corrispondono esattamente a quelle del poeta: “Arriveremo a quel limite per superarlo/ e proseguire oltre”. E questi versi, ora che hanno il sostegno della filosofia, non suonano più da incredibili o assurdi. Perché ora quel confine è stato davvero raggiunto e superato.

e goduto e saputo ogni cosa di essi,

saremo sazi e soddisfatti, dopo?’

E il mio spirito disse:

‘Arriveremo a quel limite per superarlo

e proseguire oltre.’ […]

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Una Risposta to “Oggi, prima dell’alba…”

  1. Dante, Inferno, Ulisse « La via d’uscita dal nichilismo Says:

    […] proprio così. O almeno così appaiono anche in alcune poesie fin qui prese in esame: i viaggi di Whitman e Robertson sembrano, infatti, solo terreni. Non è di poco conto questo dire: che immanenza e […]

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